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Johann Sebastian Bach e le opere per Clavier. Il catalogo BWV

    Il Clavier, dalle Invenzioni a due voci alle Variazioni Goldberg, una classificazione delle opere di Bach nel catalogo BWV

    Sotto la dicitura di “opere per Clavicembalo” siamo soliti oggi indicare tutta una serie di composizioni che J. S. Bach scrisse per il Clavier, generico termine utilizzato in Germania nel XVIII secolo per lo strumento a tastiera. Ma le definizioni moderne, come vedremo tra poco, sono spesso foriere di errori di valutazione, quindi d’interpretazione, non indifferenti.

    Il Clavier, una denominazione generica

    Il termine Clavier, ai tempi di Bach, ha svariate e molteplici declinazioni: è certamente Clavicembalo, la descrizione tastieristica più semplice ed immediata. Strumento a pizzico, ad uno o più manuali, esso ha particolari caratteristiche di sonorità e profondità, soprattutto nei modelli di scuola tedesca del periodo.

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    Ma questa descrizione del Clavier non è certamente univoca: ce lo documenta l’inventario redatto dopo il 28 luglio 1750, subito dopo la morte di Bach. L’inventario infatti testimonia una straordinaria varietà di strumenti a tastiera di proprietà del Maestro. Si trova infatti notizia di tastiere a pizzico, quali Spinette e Virginali, appartenenti alla stessa famiglia diretta del Clavicembalo; ma anche Clavicordi, liberi e legati, questi di fatto tastiere a percussione; nonché antesignani, insieme al coevo Fortepiano, che pure Bach conosceva, e bene, del più moderno Pianoforte.

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    Sempre con il termine Clavier si poteva inoltre indicare in quegli anni l’Organo a canne; che poteva essere di ridotte dimensioni (il cosiddetto positivo), che anche Bach possedeva in casa; fino agli strumenti di grandi dimensioni a più tastiere e molti registri e pedaliera autonoma, tipici questi ultimi delle chiese cattoliche e protestanti della Germania.

    Wolfgang Schmieder, il catalogo BWV e il Clavier

    Wolfgang Schmieder creatore del catalogo BWV delle opere di Bach

    Oltre all’inevitabile confusione terminologica originale si è aggiunto in tempi moderni il problema della classificazione delle opere bachiane.

    Dal 1946 al 1950, Wolfgang Schmieder (1901-1990), consulente speciale per la musica presso l’Università Goethe di Francoforte sul Meno, fu infatti incaricato di compilare il catalogo delle opere bachiane collegando ciascun brano ad un numero progressivo, e raccogliendole poi per genere e repertorio. Nacque così il Bach-Werke-Verzeichnis, oggi conosciuto in sigla come BWV.

    Il procedimento d’identificazione cronologica delle composizioni bachiane era un encomiabile tentativo di fornire una lettura chiara dell’assetto delle opere del grande musicista tedesco. Lo scopo era quello di comprenderne non solo l’origine, ma anche il contesto esecutivo. La classificazione delle opere di Bach fu una condizione resasi necessaria alla luce dei problemi emersi dalla prima Bach Renaissance, avvenuta nel XIX secolo.

    La collana editoriale della Neue Bach Ausgabe, realizzata dal 1952 al 2007, partendo dalla catalogazione di Schmieder, e pur risolvendo molti altri problemi cronologici di composizione e datazione, accentuò le incognite già esistenti proprio circa i brani relativi alle opere per strumenti a tastiera.

    La divisione di Schmieder, a riguardo, era stata salomonica. Le opere per strumenti a tastiera vennero catalogate e concentrate nella sezione denominata semplicemente Clavier, ossia tra i BWV 772 e 994; mentre quelle per Organo (identificate solo da una effettiva notazione della parte per la pedaliera) vennero classificate tra i numeri BWV 525 e 771.

    Quel catalogo fu da quel momento un punto di riferimento per qualsiasi pubblicazione attinente, scientifica oppure esecutiva.

    La questione in termini musicologici aveva forse raggiunto una coerente lettura; ma diventava invece ancora più complessa per gli interpreti, perché di fatto venivano posti una serie di paletti e recinti a composizioni che, oggi possiamo affermarlo con certezza, Bach utilizzava indifferentemente sia in ambito sacro come in quello profano. Quindi, dall’hausmusik casalingo alla chiesa, e viceversa, magari passando per locali relativamente neutri come i caffè, e senza particolari limitazioni.

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    L’assenza delle opere bachiane per liuto e “speculative“

    Una delle classificazioni di Schmieder riguardò le opere per liuto, BWV 995-1000: scritte sì in prima istanza per quello strumento a corde a pizzico, ma eseguibili con assoluta facilità anche su un altro strumento a tastiera dell’epoca, dotato di corde di minugia e affine al liuto, il Lautenwerk (a volte denominato Lautenclavicymbel).

    Ulteriore scelta di Schmieder fu quella poi di riportare in una sezione a parte le opere cosiddette speculative, ossia l’Offerta Musicale BWV 1079 e l’Arte della Fuga BWV 1080. In queste opere il problema di quale sia lo strumento più adatto all’esecuzione è risolto dallo stesso Bach. Il contrappunto a quei livelli viene reso infatti in maniera efficace da qualsiasi consort strumentale di medie oppure ampie dimensioni. Ma anche in quei contesti risulta evidente come il Clavier, ancora una volta in tutte le sue accezioni, possa essere un valido mezzo interpretativo.

    Le opere per Clavier: catalogo e generi

    Si calcola che le composizioni eseguibili sullo strumento a tastiera siano approssimativamente circa duecentoventi. Probabilmente la quantità effettiva è almeno doppia, considerando che di molti di quei brani musicali sono giunti a noi più versioni, con differenze e varianti di scrittura talvolta notevoli.

    Bach alternò, nelle varie fasi della sua vita, occupazioni e cariche di Cappellmeister e Kantor in varie località della Germania, ma dovunque andasse non rinunciò ma ad essere uno strumentista a tastiera ed organista.

    Quello che segue è quindi un elenco certamente generico e parziale che potrà si spera in qualche modo dare almeno l’idea dei più noti e vari repertori che rientrano nelle potenzialità esecutive ed espressive del Clavier:

    • le Invenzioni a due voci BWV 772-786
    • le Sinfonie a tre voci BWV 787-801
    • i quattro Duetti, terza parte del Clavier Übung BWV 802-805
    • L’Ouverture Francese e il Concerto Italiano, seconda parte Clavier Übung BWV 831 e 971
    • il Clavicembalo Ben Temperato in due libri, BWV 846-869 e 870-893
    • le Suites cosiddette Francesi, BWV 812-819 (con alcune varianti)
    • le Suites cosiddette Inglesi, BWV 806-811
    • le Partite (tedesche), prima parte del Clavier Übung BWV 825-830
    • le Toccate, BWV 910-916
    • le 16 trascrizioni di Concerti BWV 972-987
    • le Variazioni Goldberg, quarta parte del Clavier Übung BWV 988

    All’elenco si aggiunge una serie quasi infinita di suites sparse, pezzi programmatici (come il Capriccio sopra la lontananza del fratello dilettissimo BWV 992), pezzi didattici, e molto altro.

    Il Clavier quale strumento del musicista e del compositore

    L’abilità a saper muovere le dita su uno strumento come il Clavier era essenziale nel mondo musicale dell’epoca. Lo strumento a tastiera, nelle sue varie accezioni e declinazioni, era di fatto l’unico a garantire una simultaneità esecutiva polifonica ed armonica, irrealizzabile negli altri strumenti a fiato e a corde, se non in consort.

    Si venivano così a creare almeno due livelli tra gli utilizzatori del Clavier. Da una parte, chi acquisiva una sia pur essenziale competenza di natura unicamente digitale, quindi utile nell’esecuzione di brani solistici e/o accompagnamento di altri strumenti oppure voci. Dall’altra, chi raggiungeva invece una superiore capacità: quella di comporre per lo strumento a tastiera, realizzando brani musicali polifonici ed armonici che erano poi alla base del repertorio necessario alle cappelle musicali e agli ensemble musicali sacri e profani.

    Da qui l’identificazione dei tre ruoli di compositore, direttore d’orchestra e tastierista solista, tutti concentrati nella medesima persona, e fondamentali per il Cappellmeister come per il Kantor.

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    Bach e l’insegnamento: il Clavier quale mezzo per la creazione di una personalità musicale autonoma

    Sappiamo che J. S. Bach utilizzava con tutti i suoi allievi, figli o estranei che fossero, sempre il medesimo metodo didattico.

    Una prima importante fase in proposito consisteva nel corretto approccio allo studio dello strumento a tastiera, anche tramite più serie di composizioni appositamente dedicate a problemi di natura pratica e formale, e a seguire raccolte a modo di metodo didattico progressivo per difficoltà ed intenti.

    In una celebre prefazione alla raccolta autografa delle Invenzioni e Sinfonie del 1723, Bach stesso espone infatti le linee essenziali della sua “Guida Veridica” (altri traducono “Metodo Onesto”), utile per imparare non solo a suonare correttamente ma anche a comprendere l’essenza intima della composizione eseguita, grazie all’attenzione per “il gusto della composizione” e ’l“arte del cantabile”.

    Il metodo bachiano prevedeva perciò una sintesi tra la parte teorica (regole dell’armonia e del contrappunto, le chiavi, i valori) e la sezione meramente pratica (l’esercizio alla tastiera, il tocco, la scansione ritmica, gli abbellimenti). Entrambi i ruoli, interprete e compositore, contribuivano in egual parte a creare una completa personalità musicale.

    Il moderno interprete e il repertorio bachiano per Clavier

    La disamina del repertorio bachiano per strumenti a tastiera è passo ineludibile per la creazione di un corretto e completo approccio alla musica del Genio di Eisenach da parte del moderno interprete. Per quanto certamente parziale nella metodologia e nei risultati, l’attenzione del Clavicembalista del XXI secolo non può quindi fermarsi al pur essenziale momento esecutivo.

    Anzi, in qualche modo, è compito proprio dell’interprete recepire quanti più elementi possibili che risultino utili non solo ad una lettura estetica totale di quel repertorio, ma anche riuscire nella sfida, non certo facile, di poter trasmettere all’ascoltatore quello straordinario repertorio.

    Massimo Salcito

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