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Il Clavicembalo italiano: compositori e repertori dal XVI al XVIII secolo

Emanuel de Witte Interno con donna alla spinetta

Nella prima metà del Cinquecento la musica espressamente indicata per clavicembalo è relativamente rara. Questo avviene perché il repertorio tastieristico era di fatto unico e identico a quello destinato per l’organo.

La prima stampa di musiche esclusivamente composte per “stromenti da penna” è l’Intabolatura nova di varie sorte de balli (Venezia, Gardano, 1511), ma non mancano esempi coevi di trascrizioni onnicomprensive tastieristiche, come le Frottole, pubblicate da Andrea Antico nel 1517, che nel titolo inserisce la dicitura “da sonare organi”, da intendersi anche per clavicembalo.

Le forme musicali del periodo rappresentano una straordinaria tavolozza di potenzialità espressive: ricercare, canzona, fantasia, capriccio, toccata, sono solo alcune delle più note. Non mancano testimonianze di danze strumentali come piva, saltarello, passacaglia, passemezzo, e simili.

I primi virtuosi del Clavicembalo

Il primo grande virtuoso italiano dalle qualità marcatamente clavicembalistiche di cui si ha notizia documentata è Giulio Segni da Modena. Fu lodato da Cosimo Bartoli nei Discorsi Accademici (1567).

Nel Seicento, accanto al già citato Girolamo Frescobaldi, segnaliamo Claudio Merulo (1533-1607, Venezia) e Giovanni Maria Trabaci (1575-1647, Napoli). Tutti e tre noti per le opere non solo cembalistiche ma anche organistiche.

Le forme musicali seicentesche, per molti versi, seguirono di conseguenza prevedibili sviluppi di quelle già segnalate in ambito rinascimentale. La differenza stava nel prestare maggiore attenzione sia al contenuto che alla forma con una netta predominanza dell’applicazione vocale della Seconda Prattica (madrigali).

La sonata e il 1700

Nel primo Settecento, i compositori italiani sono già di fatto meno interessati allo strumento. Ecco perché con l’eccezione del già citato Domenico Scarlatti, operante peraltro in Spagna, le figure qualitativamente rappresentative sono relativamente rare.

Ci sono tuttavia diversi maestri degni di nota, come Bernardo Pasquini (1637-1710), operante a Roma. Pier Domenico Paradisi (1707-1791), autore tra l’altro della celeberrima Toccata poi riutilizzata in molti contesti televisivi o comunque extra musicali. Francesco Durante (in realtà più noto come esponente di punta della Scuola Napoletana) e infine il veneziano Baldassarre Galuppi (1706-1786).

Proprio in questo periodo si registra uno scollamento tra i gusti italiani e quelli esteri. La forma musicale per eccellenza del periodo, a differenza di quanto accade all’estero, infatti, risulta essere quella della sonata. Cambiano dunque i riferimenti che passano alle coeve scuole violinistiche maggiormente operanti e in ascesa.

Massimo Salcito

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1 commento su “Il Clavicembalo italiano: compositori e repertori dal XVI al XVIII secolo”

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