Il clavicembalo in Italia non subì particolari mutamenti nei circa tre secoli di utilizzo, ossia dalla seconda metà del Quattrocento fino alla fine del Settecento.
Al contrario di quanto si pensi il clavicembalo è uno strumento molto semplice. Il Clavicembalo è costituito da un cosiddetto “manuale”, ossia tastiera, due registri, ossia due serie di corde, da otto piedi (una misura dedotta dalla classificazione organistica e che indica il suono reale sulla tastiera) e pizzicate da due saltarelli azionati dallo stesso tasto uno per ogni corda.
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Un modello per tutti: le caratteristiche acustiche del Clavicembalo
Tre sono le caratteristiche acustiche del clavicembalo italiano: la “proporzione giusta”, il punto di attacco, e il cambio del materiale della corda per le note basse.
La “proporzione giusta” consiste nel fatto che la lunghezza della corda raddoppia scendendo di un’ottava. Il “punto di pizzico” veniva determinato con cura affinché vi fosse una proporzione costante sulla corda (e infatti la fila dei salterelli è inclinata rispetto alle corde). Nelle note più basse, non potendo costruire strumenti con lunghezze smisurate, si passava dall’uso di corde di ferro (bianche) di ottone (gialle), abbandonando l’andamento esponenziale della tavola.
Su questo modello standardizzato si basarono tutte le scuole cembalarie italiane. Le testimonianze storiche certificano la presenza di molti cembalari in località quali Milano, Venezia, Roma, Napoli.
I grandi maestri artigiani italiani
Vito Trasuntino (XVI sec.) realizza a Venezia nel 1560 uno strumento ora conservato al Musikinstrumentenmuseum di Berlino, ricco di decorazioni e intagli. Di poco successiva la figura e l’opera di Giovanni Antonio Baffo (XVI sec.) che realizza a Venezia nel 1579 uno strumento dalle eccezionali qualità costruttive. Al momento il suo clavicembalo è custodito presso il Musée de la Musique di Parigi.
Girolamo Zenti (1609-1666) è forse tra i più conosciuti costruttori di clavicembalo italiani del Seicento attivo a Roma, Stoccolma e a Firenze. Purtroppo non sono sopravvissuti suoi strumenti anche se è documentata come sua la prima spinetta della storia, datata intorno al 1631. Sono invece sopravvissuti strumenti di Onofrio Guarracino (seconda metà del XVII sec.), tra cui uno realizzato a Napoli nel 1652.
Del messinese Carlo Grimaldi sopravvivono tre strumenti, di cui uno, del 1697, con decorazioni di estrema raffinatezza.
Fu fondamentale la figura di Bartolomeo Cristofori (1655-1732), attivo a Firenze. Cristofori divenne il più celebre costruttore italiano dell’epoca, paradossalmente creatore del fortepiano, strumento che alla lunga avrebbe soppiantato il clavicembalo.
Con il XVIII secolo si avvia quella che viene definita epoca di declino per questo meraviglioso strumento. In questo periodo infatti si documenta un numero di maestri e costruttori che è nettamente inferiore a quello dei secoli precedenti.
Massimo Salcito
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